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I COGNOMI DI REINO (BN)
Il notaio Gaspare di Nunzio ha rogato a Reino dal 1750 al 1792 e ha lasciato ai posteri il ricordo della carestia del 1764 vissuta a Reino. La sua memoria, conservata presso l’Archivio di Stato di Benevento, ci racconta che le povere genti hanno perito (sono morte); si periscono fin dal mese di agosto. In quest’anno 1763 esta (c’è) la scarsezza d’ogni cosa grana (cereali), leume (legumi), frutti di ogni sorte, non si è fatto cosa alcuna. Nel mese di novembre fame grande. Le maggesi metà restate da seminare, fuvvi grandine nelli 25 del detto mese di novembre 63 vi fu una neve cosa mai veduta, da circa palmi sei di neve in queste parti ma nelle montagne di Colle, Circello e Santo Marco paesi vicini sono entrati nelle case per le finestre per la tanto neve consederate la fame sono ridotte le genti a mangiar carne di cavallo. Nel mese di dicembre provveduto il Re nostro Signore con ordini per la robba, ma non se ne ritrovano denari per comprarla, sfigurate la gente, morti i cani e le galline dalla fame. Le meglio case sono ridotte a mendicar volendo vendere e non ritrovano. Anno doloroso dello sessanta quattro che Iddio ce ne liberi più di tale annata, dal mese di gennaio sino ad agosto si sono vedute cose che mai al mondo si sono sentute, mortalità di ogni cedo (ceto), morire per le strade di fame senza sacramenti, mangiare carne de cani carne d’ogni schifoso animale. Il grano gionto a queste parti nostre ad Otto ducati il tomolo l’orzo e la granodindia a docati cinque il tomolo, il pane nell’ultimo prezzo arrivato, sino a grana tredici il rotolo e non se ne ritrovava, la brenda d’orzo e di grano à grana quattro e cinque il quartavolo, nella dogana di Benevento e di Montesarchio, ed Avellino è gionto a docati quaranta e trenta il sacco dal Re si è comprato il grano in Benevento con grande impegno a docati sette il tomolo in questo nostro paese, erano otto cento cinquanta anime nel detto anno 64 ne morirono 439, e poi, fatto meglio il cunto sono morti 461 non già di naturale ma di pura fame, li genti mettevano a sponzo (a bagno) li cuoi de cripi (setacci) e stivali, pelli di ogni sorte d’animali, e poi se li manciavano trasfigurati dalla loro natura il vino caro à grana 4 la caraffa l’oglio à grana 18 la caraffana ol lardo à carlini 4 il rotolo, pena penuria grande si era scanosciuto il tutto che padre abbandonava i figli e moglie e la moglie abbandonarsi marito e figli ad andar mendicando per vivere loro morti in campagna, per strada (…) in Napoli secondo le relazioni morivono il giorno da circa 700 persone il giorno, per queste altre parte convicine è stata una mortalità grande andandosi a seppellire fuori dell’Abbitato con bruciargli ancora per la moltitudine di cadaveri in sino li soreci (topi) si mangiavano per la fame38.
Ritornando al Catasto Onciario, le famiglie delle vedove sono 9: Anna Tozzi, Angela Boffo, Angela Ruggiero, Carmina Paolella, Domenica Cerrito, la Magnifica Giovanna Fasulo, Rosa Farasso e Gerolima Verzino, alcune delle quali già citate e tutte di estrazione popolare, fatta eccezione per la Fasulo.
La prole, all’interno delle famiglie, è parte integrante dell’economia domestica tramite la propria attività lavorativa. Già dall’età di 9 o 10 anni, le femine di casa sono considerate vergini o zite in capillis, quindi maritabili, mentre ai maschi sono assegnate mansioni di avvio alla dura vita lavorativa di campagna. Ci sono tantissimi bracciali adolescenti, tra cui Felice Penna, Anzelmo Borza e Nicola Cocca di 11 anni e Filippo Calzone di 12 anni39, oppure gualani, che sono giovanissimi lavoratori agricoli a contratto annuo, addetti alla custodia di terre o alla cura e al governo di animali (equini e bovini) che impiegano nei lavori di trasporto o di aratura, come Ignazio Tozzi di 16 anni, Silvestro Orsillo di 14 anni, Domenico Mastronunzio e Marco Caporaso di 13 anni, Nicola Volpe e Ludovico Tozzi di 12 anni, Giovanni Pietro Tozzi e Alesio (Alessio) Verzino di 10 anni e Giuseppe Smiraglia addirittura di 9 anni. Minori sono anche i custodi di bestie, come il porcaro Paolo Boffo di 10 anni figlio di Antonio, il custode di bovi Domenico de Masi di 15 anni e i custodi di pecore Domenico Verzino e Felice Tozzi, rispettivamente di 15 e 14 anni, nonché i pecorari Festo Orsillo di 16 anni, Ignazio Boffo di 14 anni, Giovanni Cacciano di 13 anni, i fratelli Gioacchino e Giovenale Tozzi di 12 e 10 anni, e Girolamo Vetrone e Gennaro Capone di 9 anni.
I più sfortunati sono il malsano Filippo di Nunzio di 23 anni figlio del bracciale Gianbattista, il malsano e matto Rosario Campolieto di 20 anni figlio della vedova Angela Boffo e l’inabile trentenne Ambrogio Cacciano figlio del bracciale Giovannangelo.
Singolare, infine, è il caso del massaro di campo Giuseppe Piacquadio, originario del Colle, che nella rivela risulta avere 100 anni e nell’apprezzo addirittura 106 anni, ma che nello Stato delle Anime del 1752 allegato al Catasto è registrato come poco più che ottuagenario.
I cognomi registrati a Reino nella metà del Settecento sono, in ordine di diffusione: Tozzo/Tozzi (13 famiglie), Capone/Caponi e Mastronunzio (8), Verzino (7), di Nunzio (6), Boffo/Boffa, Dentato/Dentati, Calzone e Piacquadio (5), Autore, Cacciano, Campolieto e Cocca (4), Altiero/Altieri, Bisconte, Bovino, Ursillo/Orsillo, Smiraglia e Volpe (3), Borza, Cerrito, di Domenico, Mastrodomenico, Palmiero, Perciasepe, Zampelli e Zerrillo (2), Barone, Caporaso, Cusano, D’Antonoli, de Masi, di Maria, Faga, Ferro, Ferrocchia, Fiore, Forlino, Gairro, Gallo, Gentile, Greco, Guarantello, Guerrera, Iacobaccio, Iavasile, Lembo, Pantasilena, Penna, Petrone, Ruggiero, Supino, Tosto, Veteri/Vietri, Vetrone e Volturara/Ulturara (1) 40.
Attualmente, i cinque cognomi più diffusi a Reino sono Tozzi, Verzino, Calzone, Petrone e Orsillo, tutti già presenti nel Catasto Onciario dell’Università di Reino in Principato Ultra del 1753.
Procediamo, quindi, con una sintesi etimologica e storica dei cognomi sopraelencati, seguendo l’ordine di diffusione rilevato nel Catasto Onciario, e non quello alfabetico.
TOZZO/TOZZI – Cognome panitaliano, ovvero largamente diffuso in tutto il territorio nazionale, deriva dall’ipocoristico aferetico Tozzo, originato da personali quali ad esempio Lambertozzo, Albertozzo, Robertozzo, Bertozzo, etc. Da non escludere la possibile origine dal longobardo Tozo o Tozilo, documentato in Italia a Bergamo già nella metà dell’VIII secolo, oppure dal soprannome canzonatorio cognominizzato “tozzo”, dal latino tunsus o tusus, participio passato di tundere (pestare, ammaccare), col significato di “persona dalla bassa statura e corporatura pesante e massiccia” 41. Si distinsero, con questo cognome, i sindaci Teodoro (1810-11), Giovanni (1846-51) e Donato (1851-56). Oggi a Reino resta il cognome più diffuso ed è registrato solo nella forma pluralizzata Tozzi42.
CAPONE/CAPONI – Tipico meridionale, deriverebbe da un soprannome formato da “capo” (testa), attribuito al capostipite in rapporto alle caratteristiche fisiche, esteriori, della testa o, in senso figurato, a peculiarità intellettuali e caratteriali. Può essersi formato, dunque, per denominare sia chi aveva “una testa grossa”, che colui che era “testardo”43.
MASTRONUNZIO – Estinto a Reino, e probabilmente assimilato al cognome di Nunzio, a sua volta trasformatosi nell’unica forma cognominale De Nunzio, ha origine nella fusione dell’appellativo mastro, ovvero magistro, da magister, “maestro artigiano”, con il personale Nunzio, a sua volta formatosi dal nome Annunziato che si diffuse in epoca altomedievale per il culto cristiano di Maria Vergine Annunziata44. Nei documenti antichi, il cognome è sempre trascritto nella forma abbreviata e in due elementi staccati: mro Nunzio (o mro Nuntio), con il significato, appunto, di Mastro Nunzio.
VERZINO – Tipico cognome sannita, originario di Reino e diffuso in Italia in due ceppi distinti soltanto nei Comuni di Reino, in Campania, e Rocca di Neto – presso Crotone – in Calabria, trae origine dal patronimico Verzino, nome derivato dal personale latino Vergelius, corrotto nella forma germanica Verzelius. Una seconda ipotesi etimologica ricondurrebbe l’origine del cognome al nome Vergino, legandolo al culto della Santa Vergine45.
DI NUNZIO – Oggi registrato soltanto nella forma De Nunzio, è tra i cognomi più antichi di Reino. A questo patronimico con ogni probabilità è stato assimilato anche il cognome Mastronunzio, che nei documenti a volte si ritrova a sua volta pure nella variante semplice Nunzio o Nuntio. Una famiglia di Nunzio, poi appunto De Nunzio, si distingue a partire dalla metà del Settecento con il notaio Gaspare di Nunzio, che rogò a Reino dal 1750 al 1792 e che durante la redazione del Catasto Onciario del 1753 è menzionato come Locotenente – luogotenente – della Terra di Reino. La casata annovera diversi sindaci: Francesco (1816-1820), Gaspare (1831-35), Remigio (1840-46), Nicola (1861) assassinato dai briganti, e Francesco (1883-1884).
BOFFO/BOFFA – Ancora presente a Reino e tipico di Pesco Sannita, ma registrato anche nel Salernitano, nell’Avellinese e nel Napoletano, dove è abbastanza diffuso, rappresenta la cognominizzazione del personale Boffo o Boffa, attestato nelle forme maschili Boffus e Boffo già in epoca medievale. Il cognome in questione potrebbe essere messo in correlazione anche con il termine dialettale “boffo”, o “boffato”, nel senso di “rigonfio”, “panciuto” (da “abboffato”). A titolo di curiosità, si ricordi un Boffo Grillo di Salerno, capitano reggente di Montefuscoli nel Sannio dall’anno 142546……….
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