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RICOSTRUZIONE STORICA DEL FONDATORE DEI TEMPLARI
INTRODUZIONE
Fra il 1101 e il 1118, i cavalieri del Regno di Gerusalemme, chiamati a raccolta dal Papa, si intromettono nel Giustizierato imperiale per disturbare lo scomunicato Imperatore e il suo antipapa poi fuggito a Salerno.
Essi fanno propria la Valle Basilicata dei salernitani di S.Maria degli Armeni in Forenza, il cui feudo era già nel possesso della famiglia Pagano, seguendo la sorte degli altri paesi vicini che i Re ghibellini avevano appena riportato in una sola Gran Contea Apulia, dichiarando decaduta la Magna spedizione e iniziando a riappropriarsi dei feudi descritti nel Catalogo dei Baroni.
Una vampata che durò poco perché Papa e Guelfi appaio furono pronti a coivolgere i cavalieri del Regno di Gerusalemme, fatti crescere in quegli anni e allenati alle armi per i continui scontri in Terra Santa.
Così, mentre giungeva da Antiochia il Principe Tancredi, in attesa della nascita del Principato Novo, a Urbe Nova, il Papa si avviò a costruire la prima agognata arcidiocesi nella Puglia sottratta all’Imperatore nel nome del Regno di Dio e del solo rito apostolico di San Pietro, ripartendo dalla presunta tomba del patriarca sita in S.Giovanni in Lamis, al Ponte del Porto antico dell’Urbe consolare dei romani, fino in quel momento nelle mani dei bizantini.
Bastava costruire una città Nova Apula di Santa Maria Maggiore, a poca distanza da quella Vetere sita a Baroli, Principato di Siponto ma di rito misto, greco ortodosso, essendo quella l’isola mitologica di Diomede e quindi pagana per antonomasia, dove a suo tempo si era recato San Pietro fondando la chiesa del Battista, a danno dei seguaci di San Paolo e i greci di S.Andrea.
Con il Principe Tancredi, proveniente da Antiochia per fondare il trono della Neapolis Apula e Ugo Pagano Gran Maestro dei Templari in Gerusalemme, il Papa avrebbe affiliato principi e cavalieri di rito apostolico contro l’Imperatore che voleva il rito misto di greci e armeni.
Nell’alto Medioevo, infatti, si riteneva che l’Apostolo del I Secolo fosse sbarcato a Siponto per abbattere la medicina salernitana dei pagani nel luogo del trono dei primi latini di Uria, chiamato Yriano, divenuto nel corso dei secoli il Castello Ariano dei Franchi per antonomasia, detto Vetere e situato sulla via Francigena, simbolo dei Capetingi di Carlo Magno e poi di Arechi II, suo vicario in veste imperiale bizantina, duca beneventano e principe salernitano, e quindi anch’egli un marchisio con la stola che riuniva gli imperi d’Oriente e Occidente nel futuro Golfo di Manfredonia.
Obiettivo del Papa, cacciato da Roma dall’Imperatore, fu di sottrarre ai salernitani imperiali e quindi di abbattere quel luogo pagano cristianizzato da San Giovanni battista, santuario bizantino per antonomasia detto «in Lamis», e tomba di S.Pietro, le cui spoglie furono traslate da questa «Romulea» pagana del litorale dell’originario Lazio dell’Enaria del Late at Lu Rano, nella nuova basilica di San Giovanni in Late-Rano a Roma.
Annullare dalle fondamenta «La Urano», la città delle città chiamata Civitatense, in quanto ex isola di Diomede fin dai tempi degli Osci, per il Pontefice avrebbe significato la definitiva vittoria dei Romani cattolici della Romania di Roma (Campagna, poi detta Lazio) sui Romani d’Occidente, già relegati nella Romagna di Ravenna, e anche d’Oriente, rimasti senza patria costantinopolitana e fuggiti da Heapula a Neapolis.
Ecco perché il Papa ritenne necessario proseguire con la fondazione delle arcidiocesi, incamerando diaconie e chiese armene, sfidando e combattendo i guiscardiani salernitani eredi di Borsa, fatti arretrare dai seguaci del fratellastro Boemondo che avevano scelto di stare dalla parte papalina e dell’unica famiglia reale riconosciuta dai cattolici: gli Altavilla di Palermo.
In nome del Re e del Papa avvenne quindi la riconquista dei Sanseverino di Matera che, partiti da Lucera, riconquistarono prima Nola e Torre Annunziata dei Salernitani, arretrando i bizantini su Napoli e i Salernitani su Amalfi e Salerno. L’’impegno fu di riprendere i feudi e donare tutte le chiese a fondazioni esclusivamente apostoliche, come nel caso di Montevergine, che accorpò S.Maria dei Lombardi di Forenza, impiantando un proprio priorato cattolico.
Anche l’originario feudo di Forenza della precedente ripartizione politica che fece capo a S.Martino di Barletta fu così annullato, quando i Sanseverino ripristinarono prima il potere militare di Matera, e poi quello politico del Papa, che è il Giustizierato di Puglia con sede primaria a Lecce.
Il Giustiziere della Chiesa era l’unico a poter essere alle dirette dipendenze di Capua, il Principato Sicilia del Regno di Sicilia in Palermo, da cui militi era stato un tempo generato.
Da qui la necessità di far nascere la Neapolis gerosolomitana fondata dal Principe Tancredi, che diede vita all’altro Principato di Dio detto di Monte Sant’Angelo, quale sede italiana, la vicaria del Regno di Gerusalemme, quindi la sola riconosciuta dal Papa extra Regno di Sicilia insieme al Priorato di Barletta. La qual cosa procurò non pochi sconvolgimenti alla storia d’Italia, il cui vero Principato Italia aveva sede a Civitatense in Lamis, la Uriano di Siponto, annullato con la nascita dell’arcidiocesi di S.Maria Maggiore a poca distanza, facendo scappare i salernitani del Principe imperiale salernitano Ruggero Borsa fu Guiscardo a fondare una nuova Trinità, rimasta incompiuta, nella nuova Venosa.
In questa complessa guerra di religione si innesta la storia di Fra’ Ugone, ovvero Ugo, figlio di Pagano del feudo di Forenza, partito nel 1119 per Gerusalemme insieme a un altro cavaliere e creato difensore della via che conduceva al Santo Sepolcro. Presto quei militi divennero otto e si imposero a guardia reale del Regno di Balduino, schierandosi in campo in prima linea, subito dopo il sovrano, per combattere infedeli, arabi e egiziani loro alleati.
Le conquiste riportate e la presenza al Concilio di Troia, nella Champagne, fanno meritare a Ugo il titolo di fondatore del nuovo ordine detto dei Templari, ufficializzato dal Papa nel 1128.
Da qui la lunga carriera militare e religiosa di colui che, partito dalla paterna Forenza, fu ufficialmente insignito del titolo di primo gran Maestro dell’ordine più prestigioso al mondo, i Templari, a cui solo in un secondo momento, seguì la diramazione degli Ospedalieri di Malta.
Fra’ Ugo non dimenticò mai la sua italica patria, pur avendo lasciato in eredità al fratello Desiderio Pagano il feudo di Forenza, per dedicarsi, al grido di Vaucent (Valenti o Valorosi) e col motto latino del salmo 113, Non nobis Domine non nobis, sed nomini tuo da gloriam, interamente alla difesa del Tempio di Gerusalemme.
Anzi, a meglio leggere le carte, il suo pensiero, quando il Papa lo ufficializzò I° Gran Maestro dell’Ordine dei Templari, fu quello di far donare le Chiese paterne site sui feudi di Forenza.
La donazione fu fatta dal padre all’abbazia della Trinità di Venosa.
A dire di Antonio Sabia, già nell’Ottocento, si fece strada questa tesi, dallo storico napoletano Francesco Capecelatro nel Diario di F.C. contenente la storia delle cose avvenute nel reame di Napoli negli anni 1647-1650, in cui sosteneva che «il fondatore dei Templari fosse originario non di Nocera de’ Pagani ma di Forenza».
Gli studiosi del passato, però, sembrano aver dimenticato all’unisono che «la donazione di Pagano ed Emma, signori di Forenza, conservata a Brindisi, attesti la presenza di questa famiglia a Forenza». Ragione per cui «soltanto Campanile parla dei signori di questo feudo come i genitori del fondatore dei Templari. Nessun altro testo che abbiamo analizzato presenta questa associazione».1
Antonino d’Amico, nella Brevis et exacta noticia originis Sacrae Domus Templi, parla del fondatore del Tempio. Moiraghi prima riporta il relativo passo dove si dice che «Hugo de Paganis e Goffredo di santo Ademaro, il primo italiano e originario di Nocera, presso Salerno, il secondo gallo di provincia francese, diedero inizio all’Ordine dei Militi Templari di Gerusalemme, sotto Baldovino II, nell’anno 1118».2
Ma poi, sostiene Sabia, egli stesso «lo smentisce, specie sulla patria Nocera, dicendo che non trova fonti da cui la citazione», aggiungendo che San Bernardo di Chiaravalle, intanto, parrebbe aver soggiornato per qualche mese tra Forenza e Lagopesole, nella primavera del 1137.
Questo famoso santo Bernardo andava sostenendo l’elezione di Papa Innocenzo II a favore della corona di Lotario II e contro Ruggero II di Palermo che fu riconosciuto antiré dall’antipapa Anacleto II proprio fra i monti irpo-lucani.
Che gli Angioini saranno di casa a Lagopesole di certo non è novità, atteso che ivi morirà anche la Regina Beatrice, dopo una lunga permanenza.
Sabia ricorda poi la successiva dipendenze del priorato mariano di S.Maria di Nazareth di Barletta in Canne che assorbì il titolo dell’arcivescovo cacciato dalla Terra Santa e che venne a gestire in forma diretta i beni che dall’Urbe del Principato di Heapula giungevano fino a Monteverde, ritagliandosi una sede in Alberola, riconducibile alla Barola sipontina più che a una Alberona.
I Cavalieri mariani, fra l’altro, risultarono titolari dei beni del Palazzo nella Piazza di Venosa e delle tre parrocchie di San Biagio, San Nicola e Santa Barbara.
Inoltre, come abbiamo già visto negli studi precedenti, c’è da dire che S.Maria del Tempio, entrerà nel possesso dei beni di Forenza, elencati dal manoscritto conservato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, quando post 1266 gli Angioini faranno nascere la San Martino Chiesa che Re Carlo I d’Angiò ricordava appartenere alla sacram domum Militiae Templi, e situata fuori Forenza.
A quell’epoca si attestavano anche i vigneti del Casale San Martino, con 30 famiglie, la terra del Giudice Bernardi al Piano de Meste, Valle Sellicte, l’Isca di Aiitardo.
Già Filiberto Campanile scriveva che Pagano ed Emma erano titolari di Forenza già nell’anno 1084. Se fu sulla strada giusta, per certo i Pagano terminarono di essere feudatari di Forenza prima della partenza di Ugo nel 1118, in quanto non risultano dal Catalogo dei Baroni del 1096, durante il Principato Apulia del Regno d’Italia di Re Corrado, che ebbe termine nel 1101, con lo smembramento del potere di Santa Maria dei Longobardi; l’invasione degli imperiali di Salerno con la Trinità di Venosa e l’imposizione degli Armeni fino al 1118; l’invasione degli Altavilla che porteranno tutto in Regno di Sicilia di Palermo.3
Tutto questo perché il papa aveva sequestrato i feudi e comandato al suo gonfaloniere Sanseverino di Matera di aggregarli Giustizierato del Tribunale di Lecce che avrebbe provveduto a riconsegnarli solo al Principe Guglielmo Altavilla, titolare del Principato Sicilia di Capua, l’unico Principato riconosciuto dal Regno di Palermo.
Il lettore di queste pagine scoprirà presto che Ugo de Pagano era cugino di un Cavaliere, Alessandro, che non restò al suo fianco quando nel 1119 divenne primo Gran Maestro e fondatore in Terra Santa dell’ordine religioso e militare dei cavalieri, ma fu con lui nella prima confraternita nata a guardia della via del Santo Sepolcro fino al 1103, quando insieme erano giunti a Gerusalemme, già alla morte di Goffredo di Buglione, quando regnò Re Baldovino dall’estate del 1100 al 1118.
Moiraghi parlò di una lettera che citava questo parentato della famiglia Amarelli proveniente da Rossano, in Calabria Ultra. Manglaviti dice che lo «scrittore Mario Moiraghi ha pubblicato nel 2004, il testo di una lettera (originale in latino conservata in copia tarda) che Ugo de’ Pagani avrebbe scritto nel 1103 da Gerusalemme», come riportato dal Carlino.4
Nella missiva Ugo informa lo zio Leonardo Amarelli della morte del cugino Alessandro, «membro di quella che nella descrizione appare in effetti una confraternita con le identiche caratteristiche dei Templari – avvenuta in uno scontro con alcuni predoni infedeli. Inoltre aggiunse altri particolari fondamentali per le date».
A questo punto ci avviamo alla conferma definitiva che Ugo de Pagano ebbe i suoi natali in uno dei feudi di Forenza. Per ora, stando alle ricerche qui inseguite, ci basti sapere che il territorio di Forenza appartenne ai Pagano, francesi o italiani che fossero, prima di ogni altra Terra, fin dal 1100.
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