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Le tele del Guarino con S.Agata e il Principe di Avellino
Raramente si ha la menzione del Casale di S.Agata di Serino in altri documenti di una certa importanza riportati dagli scrittori nei secoli scorsi. Fra le frammentarie notizie si coglie solo quella relativa alla quadreria della Chiesa. La riporta Francesco Abbate nel suo ultimo libro sulla Storia dell’arte nell’Italia meridionale. In esso si fa menzione alle opere di Francesco Guarino (1611-1651) ricordate nell’intervento del 1955 di Ferdinando Bologna, quando fece riferimento al pittore dalla scuola tutta napoletana, autore delle tele della Collegiata di San Michele in Solofra, realizzate in momenti diversi: la Liberazione di san Pietro dal carcere, il Sogno di san Giuseppe, l’Annuncio della fuga in Egitto, l’Annuncio ai pastori, la Disputa di Gesù nel tempio. In esse si legge la turbolenza della Napoli del quarto decennio del secolo, dove resisteva la radice del naturalismo, sebbene cominciava ad intravedersi un tono più acceso. Francesco non si lasciò scappare nulla delle emozioni del suo tempo, osservando e migliorando le tonalità utilizzate dal padre Giovan Tommaso, rientrato a Solofra, impegnato nella decorazione del soffitto della navata della Collegiata di San Michele, forse condizionato dalle stesse idee del figlio.
Un’opera come la Madonna del Rosario sita nella parrocchiale di S.Andrea di Serino del 1634, siglata con le lettere gtf, appare del padre e non del 23enne Francesco, ma forse da lui condizionato. Nel marzo del 1636 comincerà a portare avanti la bottega, già prima della morte del genitore, quando riceve dalla vicina Università comunale di Solofra un’altra commissione per realizzare le 21 tele del soffitto del transetto entro 18 mesi per 10 ducati l’uno, sempre di quella Collegiata di S.Michele, dove il padre l’aveva fatta da padrone realizzando quasi tutte le opere presenti. I tempi si allungheranno per più di un motivo, visto che l’Annunciazione è datata 1642, forse impegnato su altri fronti, ma comunque già cominciate agli inizi degli anni 1630 sotto la mano del padre, titolare della Ditta Guarino. L’Annuncio a Zaccaria della nascita del Battista, sul soffitto della Collegiata sarà datato 1637.
Francesco Guarino erano impegnatissimo. Teneva aperti diversi cantieri solo fra Solofra, Serino e altri comuni limitrofi, apprestandosi a passare al servizio degli Orsini che ne monopolizzeranno la produzione per abbellire i loro palazzi di Gravina di Puglia, dove Francesco si trasferirà, prima di morire, nel novembre del 1651. Ma la bottega era ancora tutta sua quando eseguì le tele del soffitto nella chiesa parrocchiale di S.Andrea di Serino, comune natale, nel decennio che precede il 1642, firmando uno solo dei dipinti, impegnandovi i suoi collaboratori. Forse perchè dovette recarsi in prima persona a S.Agata di Serino, alias S.Agata Irpina, fra il 1634 e il 1642, dove lavorarono ad un altro complesso pittorico.
I dipinti di S.Agata, forse 17, furono quindi eseguiti prima che si recasse a Campobasso per affrescare le pale d’altare, nella chiesa di S.Antonio Abate (1642-43), cioè i retabli su legno di S.Antonino e S.Benedetto. Fu poi richiamato dagli Orsini a Solofra, per dipingere la pala della Madonna del Rosario nella Chiesa di San Domenico, che raffigura il committente, Dorotea Orsini, nonna del futuro papa Benedetto XIII (1724-1730), suo pupillo, nato di lì a poco, in quel di Gravina, col nome di Pietro Francesco Orsini (1649-1730).6
In una delle tele è raffigurato il Principe Caracciolo di Avellino che fa il suo ingresso in S.Agata.
C’è da dire che la Chiesa parrocchiale di S.Agata non è mai stata una chiesa pregna di rendite, sebbene si fosse arricchita degli stupendi affreschi del Guarino. Nel Catasto Onciario dichiara più o meno le stesse once di un esercente. In effetti i possedimenti sono scarni, ma il forte legame con i pochi possedimenti attesta il legame con diversi luoghi più o meno antichi. I beni della Parrocchia vanno dalla selva alla Scoccata a quella del Vesciglito. Nè mancano i territori posseduti alla Toppola, al Cannelone, al Termine e alla Congiarìa. Fra le rendite vi sono anche i proventi dei frutti maturati da capitali dati a prestito.
All’interno della stessa Chiesa erano state erette due Cappelle: una dedicata alla madonna del Carmine, l’altra a quella del Rosario. La Cappella di S.Maria del Carmine dichiatava appena 18 once, ancora meno quella del SS.Rosario (12) che però possedeva, quale beneficio, di una propria selva da cui percepiva le rendite. Da una selva si ricavavano castagne, legname, pascolo o anche il fitto. Nel caso della Cappella del Rosario, la selva posseduta, era nell’antica località di Casa Caruso.7
E’ piaciuto al compilatore del Catasto elencare a parte, e quindi non come beni posseduti dalla Chiesa, bensì dalla Mensa Parrocchiale, intendendola forse come arcipretura, cioè beni di proprietà non solo della sola chiesa di S.Agata, ma di tutte le chiese della zona che dipendevano dall’arcipretura. In ogni caso nel Catasto v’è questa rubrica chiamata della Mensa Parrocchiale di S.Agata di Serino che possiede diversi beni. Sono quindi della Mensa: il Bosco a il Fossato, la Selva all’Airella, la Selva a la Costa di S.Agata, la Selva detta dei Morti a Vesciglito, alcuni territori a le Corticelle, altri territori Dietro la Chiesa e l’intero Orto.8
Come un altro luogo religioso del Casale di S.Agata, oltre la Chiesa parrocchiale con le sue Cappelle site all’interno, viene anche indicata un’altra Cappella detta dell’Immacolata Concezione. In questo caso si tratta di una edicola costruita extra perimetro della parrocchiale. Essa era di proprietà della Congregazione laicale dell’Immacolata, il cui organismo provvedeva alla cura delle anime, cioè alla questua per festeggiare le ricorrenze e alla colletta per seppellire i morti, cioè per provvedere al necessario occorrente per il rito funebre.9
In un solo caso compare anche un beneficio. E’ riferito al Sacerdote Giandomenico de Majo (l’unico ad avere il ‘de’ nel cognome e non il solito ‘di’), detto beneficiato di S.Antonio, che parrebbe un altare. Ma non è dato conoscere ove fosse collocato; forse in qualche altra chiesa del territorio di Serino, visto che non è specificato, tantomeno compare come luogo pio, benchè sia anche un terreno di S.Agata.
7. Case e terre di sacerdoti e chierici dei di Majo e dei d’Arienzo
A S.Agata abitavano diversi sacerdoti. Non per questo esercitavano sul territorio, in quanto potevano essere stati anche assegnati a parrocchie o chiese di altri casali, o all’arcipretura di Serino, che riuniva le diverse parrocchie dei Casali del proprio territorio. Vivono quasi tutti in maniera soddisfacente, anche perchè, oltre ad essere appartenenti alle famiglie di Majo, posseggono discrete rendite. Si tratta del sacerdote Don Francesco di Majo di 40 anni, che possiede un sedile di case a le Cortine, territori a le Casate, 1/4 parte di congiarìa. Segue il sacerdote Don Gaetano di Majo di 35 anni, che possiede due case con giardino e cortile e territorio detto il Boscetto dove si dice le Cesine; del sacerdote Don Giandomenico de Majo di 37 anni, beneficiato di S.Antonio, possiede casa propria e vari territori. Non è dato sapere cosa fosse S.Antonio, probabilmente si tratta di un altare sul quale aveva diritto di dire messa o di seppellirvi i morti. Il sacerdote Don Giuseppe de Majo di 30 anni che possiede sedile di case e la terza parte di un territorio a le Cortimarange; il sacerdote Don Nunziante di Majo di 75 anni che possiede territorio a li Laurielli e Visciglito e territorio a la Conciarìa.
Oltre ai sacerdoti della famiglia di Majo ve n’è solo un altro che appare benestante. Si tratta del sacerdote Don Michele d’Arienzo di 47 anni, il quale possiede un comprensorio di case tutto suo, oltre ad un boschetto di castagni a Selvapiana e una vigna a Basso il Vallone dei Grangi.
Oltre a sacerdoti, in S.Agata, dimoravano anche dei chierici. Si tratta di clerici accoliti. Sono tre della famiglia di Majo: il clerico accolito Nicola di Majo che possiede casa propria alle Cortine e territori a S.Marco e le Cortine; il clerico accolito Pietro Paolo di Majo possiede territorio a Tofole; il clerico accolito Salvatore di Majo possiede casa propria a le Cortine e territori a Campocastello e le Casate.
L’altro clerico accolito è Vincenzo d’Arienzo, il quale, come l’omonimo sacerdote, possiede anch’egli un comprensorio di case proprie, sebbene dichiari appena una rendita da 5 once.10
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