Description
La nuova Piazza S.Maria Assunta e la vecchia Piazza di San Pietro
Sfogliando le pagine dei residenti di Montemiletto del 1753, senza ovviamente considerare Montaperto, feudo a parte (come da Catasto a parte), saltano fuori personaggi e luoghi interessanti, a cominciare dalla nuova Piazza, chiamata Piazza, senza aggiungervi almeno un toponimo, se non quando viene citata prima l’adiacente Cappella di S.Antonio Abate costruita dal ricchissimo Baratta, e poi S.Maria Assunta.
Presumibilmente fu quindi davanti alla Collegiale, quell’Assunta che aveva incamerato i beni della dismessa Parrocchia di San Pietro, situata nella ex Piazza San Pietro, perchè prima del 1753, cioè una volta, olim, si chiamava S.Pietro.
San Pietro era la vecchia Chiesa parrocchiale i cui beni, insieme a quelli di alcune Cappelle e Monti frumentari, erano passati al Collegio di S.Maria Assunta in Cielo, composto da dodici canonici, con dignità di Arcipretura.
Nel luogo della ex Parrocchia di San Pietro ancora esistevano le case date in fitto ai bracciali, ma appartenute stranamente solo all’Università Comune di Montaperto.
Sappiamo però che, avanti il largo di Piazza San Pietro, s’affacciava un antico Palazzo, la casa palazziata del Notaio di Giacomantonio. Era un palazzo di ben 18 stanze, con un sottano e più botteghe date in affitto, a seguire di poco la casa Palazziata dei Russo, poco discosto anche dalle case dei de Donato, dei Petrillo, dei Sacco, dei Benedetto, dei Cenzale, dei de Simone, degli Scopa, dei Vitiello.
In Piazza sporgeva la casa locanda della Camera Principale che fungeva anche da esattoria del feudo del Principe, perchè possedeva le case fatte costruire dal Principe e date in fitto, cioè camere o anche stanze date a locanda (fitto), come quelle di Guardiola date a Giardiello.
Della Camera Principale doveva far parte il serviente del Principe, Carlo di Luca, abitante anch’egli in Piazza San Pietro, insieme al figlio sarto, non lontano dalla bottega con orticello del fabbricatore Ciriaco Scopa. Qui anche le case dei Peluso, i cui figli avevano già preso la strada di Napoli, quelle dei Giacomantonio, dei Lombardo.
La Parrocchia di Santa Maria era proprio alla Torricella. La nuova Piazza, infatti, che pare identificabile con lo spazio antistante la nuova chiesa parrocchiale, era sita in una zona nova antistante la Parrocchia di Santa Maria, dove sporgevano il palazzo settecentesco, cioè la Casa palazziata del notaio Alessandro Colella, e la casa palazziata del reverendo Freda. Ma se a S.Maria v’erano le case affittate dal Convento di S.Anna e vi abitavano i Sacco, proprio al Largo di S.Maria, v’erano i Lombardo. S.Maria era così vicina alla Torricella, al punto di essere confusa con lo stesso luogo dove abitavano i Paone, i Cassese, Scaloja, Carpenito. Era questa la Parrocchia di S.Maria seu Torricella, ove stavano le case di Francesco Iervolino di Torre [le Nocelle] e dei Perillo, date in affitto ai braccianti.
Ruderi a parte di Sotto le mura, alla Costa delle Pastene, riconoscibile dal giardino murato con la casa del reverendo Peloso e dal Palazzo del dottore Paladino, v’era un vero e proprio Borgo.
E’ il Borgo di Costa delle Pastene, o dei Pastani, dove abitavano il ferraro Musto, in casa del dottor Paladino di Taurasi, e il campese dello Iacono, con numerosi parenti divisi fra tre case.
Il Borgo era ubicato in un luogo ben preciso, con le case dei Florio, ma vi spadroneggiava soprattutto il Collegio dei preti, che aveva affittato delle stanze al massaro Leone, per il negozio della compravendita del grano. Altra locanda, quella del dottor Domenico Paladino di Taurasi, era sempre alla Costa delle Pastene, dove aveva casa e bottega lo speziale di medicina, cioè il farmacista Colletti, padre del canonico. Qui abitavano i della Grotta e v’era la casa palazziata dei Peluso. Sempre a Borgo v’erano i Lanzillo, i Coscia, ancora i Paladino di Taurasi, gli Annecchiarico, i Brogna. E sempre al Borgo, fatta erigere dal magnifico Centrella, v’era il suo enorme Palazzo composto da tre appartamenti, con tanto di giardino per uso di delizie, in cui era stata eretta una Cappella dedicata alla SS.Concezione al Borgo. Ma il bello di questa antica Montemiletto, in primo luogo, contrariamente ad altri paesi, è nell’identificare le strade come “rughe”, a testimonianza di un vero e proprio centro altomedioevale ben organizzato. In tutto erano dodici:
– la Ruga dei Calanna, con la bottega dei Colella, le case dei Buonopane ed altri;
– la Ruga dei Cubelli, coi di Fronzo ed altri;
– la Ruga dell’Annunziata, dove fra gli altri abitavano il regio giudice garante dei contratti fatti ai braccianti per le terre date a censo, i Brogna, i de Fina;
– la Ruga dei Colella, dov’erano la locanda di mastro Mattio Aversano originario di Benevento, i Paone;
– la Ruga delli Amori, dove abitavano il possidente Biagio Tito Manzio, i Russo o Rossi, i Capone ed altri;
– la Ruga delli Sacchi, con una casa del ricco Biagio Tito Manzio, il quale riusciva a mandare a scuola ben due figli, essendo scolari di 9 e 5 anni, per la gioia della nonna materna, una ricca Giacomantonio ed altri.
– la Ruga dei Lanzilli, dove erano le case date in fitto dal proprietario Alessandro Colella, Scavone ed altri;
– la Ruga dei Capobianchi dove fra gli altri abitavano lo scarparo Fiore in casa affitto, gli Scafuri ma soprattutto v’era il Palazzo del reverendo Capobianco;
– la Ruga dei Francilli con i parenti superstiti di tale famiglia ed altri;
– la Ruga dei Francuccio coi Francuccio, con le case di Fierimonte che teneva bottega anche in Piazza, il fabbro Musto che possedeva un negozio di grano;
– la Ruga degli Ameli con la casa del dottore Centrella, i Brogna, il barbiere Pisaturo ed altri;
– la Ruga di S.Antonio Abbate, con alcuni Capone, i d’Auria. E’ la via della costruenda Cappella di S.Antonio Abate di patronato dei Baratta, situata davanti alla Piazza, dov’era lo stesso Palazo dei ricchi Baratta che possedevano anche la Cappella di S.Maria decor di Montis Militu eretta dentro la Chiesa della Terra, oltre ad un monte frumentario. Qui erano molte case appartenute al convento di S.Anna.
Sono tantissimi i luoghi dove si andavano a coltivare i propri o gli altrui territori sparsi sul grande territorio di Montemiletto. Fra gli altri, abbiamo letto: Cavi, Fontana, Fiume, Funicella, Acqua Calda, Canale, Zanfreda, Piesco, S.Iacomo, Menza, Monte Falco, S.Eusebio seu Macchia, Macchia della Corte, Macchia di S.Pietro, Macchia dello Molino, Pastenella o Fongara dello Monaco, Calvacatuio, Curti, Iardino, lo Pigno, Monte Capro, Cerignano o Cirignano con la masseria dei Capobianco, San Bartolomeo, Campo Marino, Fontana Franci, Bosco, Grottoni, Venieri, Puzzillo, Meta, Costa, Valli Pantone, Federico Lupo Grosso, Pietra Molata seu Orno, Chiocche, Piesco, San Giovanni, Campomarino, S.Andrea, Fiume, Fiego, Tauzi, Parmolito.
Il resto della popolazione delle campagne che non viveva in pieno centro, stava sparsa in piccoli luoghi come a La Scola, con le case di Carpenito, Paladino, dei ricchi Mazza e quelle appartenute al convento di S.Anna; i pagliai abitati dai Torella fuori al Canale; il Carbonaro dove fittava case Baldasarre Capone, con un sarto e i Carpenito; Parmolito, con case date in affitto dal dottor Giulio Gualtieri.
Chi non abitava nè a centro, nè in case sparse, era concentrato fra i cinque Casali di cui si ha certa menzione:
– il Casale di Fontana con diverse famiglie come i Cenzale, i Capone, i Paone;
– il Casale di S.Angiolo, che doveva essere molto vicino ad un territorio chiamato Romano seu S.Angelo di Ciariaco Capone, con un Ambrosio, i Pisaturo, i Sacco ed altri;
– il Casale di S.Nicola, dove abitavano alcuni forestieri nelle case dei Colella, alcuni Capone, i Vitiello, un Ambrosio, i Francuccio;
– il Casale di Festola abitato dai Lanzillo ed altri;
– il Casale dei L’Andolfi, Andolfi o Indolfi, dove abitavano Ciriaco Francesco di Vincenzo, un Ambrosio, i Coscia.
Stando alle rivele fatte verbalmente ai compilatori del Catasto, considerato anche che i veri signori non pagavano tasse e quindi possono essersi confusi fra altri nomi, compare sicuramente qualche signorotto di cui si fa menzione nelle dichiarazioni. Producevano alto reddito, stando alla quantificazione delle once, il bracciante De Virgilio (108 once) con due case alla Ruga della Nunziata, bovi aratori, porci ed altri animali; il massaro di campo Aniello Capone che abitava fuori centro e possedeva beni a Carbonaro, fra bovi aratori, percore dette mosciali (una qualità di lana), capre e somari (189 once); il campese Vitiello (100 once) con i soliti bovi aratori; il bracciale Petrillo che abita al Borgo (126 once); il bracciale dello Iacono con beni fra Fornace, Festole e Frustelle ed abita a Borgo (103 once).
A questi vanno aggiunti: il campese Ciriaco dello Iacono con 50 pecore gentili e 140 pecore mosciali (149 once); il vecchio Carmine Sacco, ormai decrepito, della Parrocchia di S.Maria fra bovi e somaro (139 once); il massaro Fiorentino (135 once); il massaro di campo Fierrimonte fra porci, somaro e bovi (264 once); il massaro di campo Leone (99 once); il massaro Donato Capone con i suoi bovi in società (194); il massaro di campo Giuseppe Lanzillo di Casale Festola con terre ovunque (165); il bracciale Francuccio che abita alla ruga che porta il suo nome (91 once); il viaticale Annecchiarico, pare l’unico di tal nome, che abitava al Borgo (93 once), il bracciale Pisaturo (89 once).
E ancora: il massaro di campo Lembo con 4 bovi, 30 pecore e 20 capre (226 once); il massaro di campo Giacinto Colella (114 once) che abitava in casa patrimoniale del parente prete; il bracciale Cenzale detto Zappello (94 once); il bracciante Ferraro (92 once); il massaro Nunziante Brogna (109 once); il bracciante Nicola Paladino (111 once), il bracciante Nicola de Ianna (96 once); il massaro di campi Nunziante Lanzillo di Festola (225 once) con il possesso di bovi e ben 10 neri (tori da monta); il massaro di campo Pietro Fiorentino di Indolfi (230 once); il massaro di campo Pietro Peluso alla Ruga degli Amori (180 once); il decrepito massaro de Fronzo con 50 pecore; il bracciante Tommaso Capone con terre e un somaro (118 once); il massaro de Pierro al Borgo (162 once).
La lista termina con il più ricco produttore residente di Montemiletto che già aveva lasciato governare da altri le sue masserie. E’ un massaro di campo, vale a dire Giacomo Brogna, il quale possiede svariati comprensori di case, cioè gli appartamenti che ha fatto costruire al Borgo (424 once).
5. I ricchi che vivevano di rendita: il notaio Baratta e i Giacomantonio
Era ricco, viveva del suo, e quindi nobilmente, il magnifico Biagio Tito Manzio che dichiara appena 1,24 once, e non produce reddito proprio perchè non fa nulla e vive di rendita. Lo stesso dicasi per un altro che viveva civilmente come il dottor Domenico Centrella possessore di bovi dati in società (151 once). Vive del suo il magnifico dottor Mennaco Centrella con i tre appartamenti della Casa palazziata al Borgo, nel cui giardino, per uso di delizie, ha fatto erigere la Cappella della Concezione (106 once)
Idem per il magnifico Alessandro Colella, il quale abita nel suo Palazzo sito alla Parrocchia di Santa Maria, alla stregua di Don Antonio Dugana, altro magnifico della ex Parrocchia di San Pietro, possedendo bovi aratori e quanto altro
Magnifico anche il Notaio Crescenzo di Giacomantonio (120 once) con il palazzo più grande di tutti da 18 stanze in Piazza S.Pietro; seguito dal fratello, magnifico Notaio Domenico di Giacomantonio che abitava al Largo di Piazza San Pietro senza produrre ricchezza, essendo già ricco, e quindi dichiarando solo 0,9 once e mezza. Magnifico era il farmacista Carlo Colletti detto speziale di medicina (108 once) e magnifico era il regio giudice che raggiungeva le 100 once; e l’altro giudice magnifico Vincenzo Fusco della Piazza che dichiarava 291 once
Un avvocato non poteva mancare, visto che il dottore in legge Don Leonardo Paladino, col suo Palazzo a Borgo ossia a Costa delle Pastene, dichiarava 532 once. Vive del suo anche Giovanni Russo nel Palazzo della Piazza e pieno di territori ereditati (588 once); ma più di tutti v’è il Notaio Baratta che fra Cappelle e Monti frumentari eretti nella Chiesa Parrocchiale, nonchè per la Cappella di S.Antonio, appare ricchissimo, arrivando a dichiarare 873 once, cifra raggiunta per la professione, ma anche quale frutto degli interessi sui soldi dati in prestito dal suo monte frumentario
C’è da segnalare l’unico forestiero benestante abitante nella persona di Giuseppe Pagliuca di Montefalcione che possedeva territori a Pietra Molata, ossia l’Orno, che producono reddito da 242 once. Fra i forestieri non abitanti, si segnalano quelli di Lapio, il magnifico Iannino (131 once), Statuto (96 once) e la Camera Principale (96 once); un Todesca di Torre le Nocelle per il possesso delle querce di Chiocche (74 once); il dottore Uberti o Berti (241 once) di Taurasi per le rendite e il dottore Paladino (166 once) di Taurasi per le case di Borgo date a censo; per una casa di Fiego compare il magnifico Pascuccio di Montefusco (160 once)
Ovviamente, fra quelle di detti forestieri bonatenenti, mancano le rendite del Principe, che abbiamo riassunto insieme ai beni feudali nell’ultimo paragraf………..
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